Da “Opera, cibo e vino e pure libri” di Pino Lodato
è Burbune
“ Ma… scusate signor Rafèle…quelle so’ ‘e Burbune?!….”
“ Guarda llà !….guarda guarda….’e Burbùni!!….ancora!!..”
“ Trenta anni…venivo con mio padre …..a comprare ‘e Burbùne…’o tengo ancora annanz’ all’uocchie…”
“ ‘E burbùne…’e burbune….”
E sì… le facevamo nel pastificio sulla leggendaria vianova la statale che da Napoli si avventurava fino alle Calabrie…le facevamo quasi a’ smerz’…come un rito esoterico…qualcosa che affascinava e tentava…e quando c’erano accadeva e si accendeva sempre la più alta meraviglia.
Come infatti vi posso assicurare che più di una volta le ho viste danzare queste tagliarelle brune dette ‘e burbùni.
Le ho viste danzare una sera d’inverno…di quei rari inverni che se vogliamo possono dirsi davvero tali nell’agro di Nocera e Sarno , rosso di sole e pomodori e bagliori vesuviani…in una sera che il vento faceva attaccare la gente normale al braciere…scese mio padre e mio zio e un altro dal cappotto blu, un altro dal trence chiaro, un altro con il cappotto a cappuccio, un altro solo cu na giacchettella, un altro sulu c’a cammisa dai colletti allentati.
Scesero in una mezza dispensa che faceva anche da cucina , siccome che vi era una cucina a legno detta economica. Al centro di questa mezza dispensa, un tavolo bianco siccome che aveva il piano di marmo candido.
Danzarono quella sera le danzatrici saracene.
Sulla cucina economica vulleva l’acqua in una pentola grande come un serbatoio del gasometro di San Giovanni a Teduccio. Ribolliva l’acqua come un mare in burrasca. Una mano nel semibuio fece rifulgere na bella chella e’ sale, la burrasca ristette un attimo poi riprese senza sparagno.
Un’altra mano spogliò le tagliarelle brune dalla loro confezione blu elettrico e queste si tuffarono da loro.
Ve l’ho detto, quando ci sono queste tagliarelle burbùni sempre accade una meraviglia.
I miei parenti e quello con il cappotto blu, l’ altro dal trence chiaro, l’ altro con il cappotto a cappuccio, l’altro solo cu na giacchettella, l’ altro sulu c’a cammisa dai colletti allentati si sedettero lentamente attorno al marmo candido.
“Scola…scola…” , ordinò uno che di sicuro faceva il nostromo…le saracene sorsero così dalle acque nel pieno della loro ribelle sensualità…e così focoseggianti furono accolte da una tiella grande quanto la luna dove incrociarono pomodori secchi , lardo sfritto, cipolla bruciata, pane ‘rattato.
Si levò dalla tiella come luna un aroma che era materia viva e tangibile da baciare volendo.
Le danzatrici sembravano uscite di testa.E questo ancora fu niente.
Ad un certo punto fu avvicinata la tiella come luna al marmo candido e d’improvviso capovolta.
Le danzatrici si lanciarono sparse su quella plaga luminosa e si sfrenarono. E questo ancora fu niente.
Qualcuno fece cadere dall’alto sulle saracene una polvere d’oro a cui quelle si avvinghiarono come abbracci d’amanti.
Il peperoncino macinato le aveva tremendamente ammaliate. E questo ancora fu niente.
“ ‘O vasonicola d’o cavaliere…nun ce scurdamm’ ‘o vasonicola d’’o cavaliere…”
Non sarebbe stato ammissibile infatti dimenticarsi del basilico fornito dal cavaliere del basilico produttore eccelso, nocerino pluripremiato già prima della guerra, per aver realizzato il basilico dalle foglie più grandi e fornitore di tutte le fabbriche di pomodoro della zona.
Le foglie del basilico del cavaliere ornarono le danzatrici saracene come ventagli castigliani. E questo ancora fu niente.
A tutti i commensali fu data una forchetta, solo quella e un bicchiere con cui provvedere a far più leggera la damigiana di vino rosso di Lettere.
E ognuno così rincorreva le danzatrici sul piano di marmo che toccate tutte assieme e tutte insieme dalla forchetta erano ancora più furenti e diffondevano aromi sfrontati.
Dopo un tempo indimenticabile, il vortice delle danze ebbe una fine, perché così doveva essere. E questo fu ancora niente.
Quando si risalì dalla mezza dispensa con cucina e gli innamorati delle danzatrici si salutarono, io vidi chiaramente che quello che aveva il bel cappotto blu non l’aveva più, e invece l’indossava quello che era arrivato solo cu na giacchettella, lo stesso quello con il cappotto a cappuccio se ne andava senza, siccome questio cappotto lo portava quello c’a cammisa dai colletti allentati.
Solo quello dal trence chiaro l’aveva ancora addosso, perché giustamente anche nelle più alte meraviglie c’è qualcosa che non cambia mai.
Si signore… sono proprio ‘e burbùni… danzano ancora queste saracene sulla musica dei ricordi e degli affetti,per noi che le facciamo e per voi che avete piacere a cercarle.